Missioni Consolata - Marzo 1903
46 tii 8of}solata Io risposi che quello d'insegnare i lavori manuali alla popolazione indigena, era uno dei principali mezzi da noi usati per met– terei in comunicazione con essa; che in questo stesso momento oltre una ventina di Akikùyu lavoravano per nostro conto. Che, inoltre, più di mille rupie, nei pochi mesi della nostra permanenza qui, erano entrate per mezzo nostro nel paese'; che oltre seicento ammalati erario stati curati e gratuitamente provve– duti dj medicine; che a parecchi fanciulli già avevamo appreso l'alfabeto; che, infine, in molte tribù all'ingiro già eravamo cono– sciuti assai favorevolmente, con l'effetto di bèn disporli verso gli altri bianchi e verso il governo. Che domandasse a qualunque Akikùyu se avessimo mai fatto alcun torto o sopruso a chicchessia; se sempre non aves– simo giustamente pagato ogni lavoro fatto per noi ed ogni merce portata alla Missione. Feci osservare ancora che, avendo noi dovuto in questi pri~i mesi occuparci nell'appren– dere la lingua del paese e nel provvederei di abitazione, non avevamo potuto estrinsè– care che in minima parte i nostri progetti per il benessere della popolazione, unico scopo della nostra venuta nel paese. Al dott. Hinde piacque la rapida e franca esposizione del nostro operato e delle nostre intenzioni, e mi espresse la sua soddisfazione. Nel congedarci, per quella sera, gli offersi di fargli gustare delle specialità di Torino. Accettò SU:bito, ed io gli inviai del vermouth– china, regalatoci dalla signora Bergia (l). Quando accompagnai il dott. Hinde alla sua tenda già era scesa la notte. 13 (Jttobre. La spedizione militare non partirà che domani. Perciò gli europei, sui loro muletti e scortati da molti ascari, vanno alla caccia, mentre gli altri ascari ed i loro boys, che (l) Ci è grato poter esprimere qui la nostra ricono– scenza all'esimia signora (proprietaria della Liquoreria angolo via Lagrange e corso Vittorio Emanuele II) pe1 generoso regalo di vermouth e d'essenze di liquori, che furono una vera provvidenza pei nostri missio– narii, 'privi affatto di vino dacchè si sono stabiliti a Tusu. sono proibiti di uscire dall'accampamento, stanno divertendosi con improvvisati zufoli di bambù ·ed eseguendo giuochi ginnastici. Verso le 16, il dott. Hinde essendo r:itor– nato da caccia, ha luogo fra noi un ultimo abboccamento, in cui stabiliamo le modalità dell'abbandono di Tusu. Siccome ci è . im– possibile trasportare con noi i nostri effetti, ci è permesso di conservarli nella nostra dimora, a custodia della quale lascieremo due· uomini di nostra fiducia armati di fucile: la casa, la roba e la guardia saranno sotto l'alta responsabilità di Karòli. Noi intanto resteremo a Tusu finchè il dott. Hinde vi ripassi nel suo ritorno·a Mo– ranga: allora -abbiamo deciso-io lq accom– pagnerò con un fratello per cercare un posto adatto ed iniziarvi subito un ricovero prov– visorio, appena pronto il quale, D. G,ays e l'altro fratello ci seguiranno. Regolato il nostio affare si parlò fra noi dell'Africa. Il dott. Hinde, ·recatosi dodici anni fa al Congo con 27 ufficiali, dopo sei . mesi rimase solo : 17 erano morti e gli altri · rimpatriati. Si spinse fino alle sorgenti del Luabala, scoprendone molti tratti. Rimase . molto tempo in mezzo alle tribù dei nani, che dice molto maligni e cattivi. La nostra conversazione si protrasse fino a notte inoltrata e fu anche più amichevole di quella della sera precedente, anzi perfino confidenziale. Il dott. Hinde, gr!J.zie alla sua esperienza, mi fornì indicazioni preziose sul carattere e sui costumi degli Akikùyu, e mi diede norme igieniche utilissime per conser– varsi in salute in questi paesi. Si disse poi molto contento di poter finalmente parlare con qualcuno chs mostra di conoscere bene l'Africa (modestia a parte', e che s'interessa delle sue bellezze. Conchiuse ringraziando del vermouth, di cui dichiarò non aver mai gustato l'eguale. Ci salutammo cordialmente augurandoci good bye fino ad ·un'altra setti- mana. 14 ottobre, Stamane alle 6, la spedizione levò il camp~ e partì verso il Kenia.'
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