Missioni Consolata - Marzo 1903

J1t <Zoflsolata 41 QQ-.-~~~~~~~=·~~·~--~~--.p Per lo più la prima cosa che li colpisce è la grande immagine della Consolata : al vederla restano come incantati; qualcuno con semplicità. le dice:jambo (ciao).- Quando si spiega loro che quella è Mariama, la madre di Dio, e che ·il bambino che tiene in grembo è il figlio di Dio, allora vanno ripetendo fra loro: mama 'n Ngai, mitoto 'n Ngai. Ma tosto la loro attenzione è attirata dalla col– lana di perle che ·la Madonna porta, proprio come loro: - enie meconongo! - (guarda la collana!) e poi dai gotra (corone) molto belli del Bambino e della Madonna. Qualche madre fa osservare che la Madonna non porta il bambino sul dorso, come esse fanno; qual– che altra donna trova che il vestito è molto bello, che il bambino vuol dare la mano alla mamma, ecc. Quando dico ··che quella è pure mia madre, se ne persuadon6' facilmente, per– chè è una bianca ( musungu); ma quando sog– giungo che è anche la loro madre, con aria in– credula ripetono: maitu nacu? (mia madre?). Alcuni che avevano fatto parte dell'ultima nostra carovana, ed alla missione di Nairobi avevano visto che noi entrando in chiesa genuflettevamo, restando un momento a pre– gare in tal posizione, vollero ripetere qui l'atto che avevano visto. Quel dì erano una trentina, circa, d'indigeni: uomini, donne e fanciulli, venuti per vedere la casa di Dio. Aperta la porta, uno che pareva ne sapesse più di tutti, non lasciando entrare alcuno, fece una prima genuflessione abbastanza bene e poi andò difilato ad inginocchiarsi sulla predella dell'altare. Stette la alcuni secondi, colla faccia rivolta al quadro, come 'se pre– gasse davvero, tentò un segno di croce, si alzò, ripetè la genuflessione ed uscì. Un se– condo rifece tutto appuntino, e così il terzo, il quarto, finchè furon0 passati tutti, il che richiese del tempo davvero. Coloro che gia hanno visitata parecchie volte la cappella fanno da ciceroni a quelli che non l'hanno mai vista e spiegano, per lo più a modo loro, l'uso dell'altare, dei banchi e d'ogni cosa. Un giorno, parlando ad un gruppo di visitatori, dopo aver spiegato che il Figliuolo di Dio, naturalmente, non era stato sempre bambino, ma che divenuto uomo era morto per noi, mostrai il crocefisso da missionario e poi lo baciai. Tutti si guarda– rono in viso tra loro, in silenzio, ma con un senso cosi marcato di tenera meraviglia e di compiacenza, che credo la grazia di Dio abbia da quel momento gettato qualche buon seme in quelle anime rozze ma semplici. La Consolata ci ottenga da Dio che questo sia come l'evangelico granellino di senape che col tempo cresca in albero rigoglioso; le pre– ghiere di V. S., degli altri ottimi Superiori e dei colleghi dell'Istituto affrettino l'avve· ramento di questo voto. Di V. S. Umil.mo ed aff.mo Teol. FILIPPO PERLO. DIFFICOLTÀ INASPETTATE Da11a precedente lettera si scorge che ·i nostri missionarii, in meno di tre mesi di dimora tra quelle popolazioni, eran– senè talmente guadagnata l'affezione ·e la confidenza, che potevano ornai sperare di raccogliere i primi frutti del loro apostol~to. Ma ecco sopravvenire un incidente imprevisto che, troncando a mezzo l'opera così bene iniziata, li ob– bligò ad allontanarsi da quel primo campo delle loro fatiche. Esponiamo la cosa riportando un - Estratto dal diario del Teol. Perlo XI. U~t /'ulmitte a ciel sereno - Alla ricerca di D . Oaus - btqrlietudini di Karòli- .E/l'etti di pioggia -Isegreti della Provvidenza -Il Dot– tore Hinde e la sua spedizione militare- Con– j'erenze sull'a{Jbattdono di TrtBtl - Prima il buon esempio clte il l111on diritto- Partiremo/ Missione della Consolata in Tusu 30 settembre 1902 Oggi, verso le 18 l r2, ricevetti dal forte Hall la seguente lettera che le trascrivo, tra– ducen.dola dall'inglese.

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