Missioni Consolata - Febbraio 1903
• i beni ed i mali, la pace e l'agitazione. Iddio ()he colpisce gli individui a loro salute, per– mette altresì che le sventure piombino sulle nazioni, per richiamarle ai retti principii di -religione e di giustizia che troppo spesso esse abbandonano, ed insieme per condurle al ()Ompimento di fini altissimi, di cui le pagine della stòria rivelano più tardi in parte la meravigliosa bellezza. La Provvidenza divina permettendo-all'am– bizione dei Romani di conquistare quasi tutto il mondo antico, si era servita delle loro le– gioni vittoriose per aprire la via all'evange– lizzazione di tutte le 1 genti; essa si servi dei barbari popoli settentrionali per abbattere l'impero romano, ·il quale, nemico di Cristo ti divenuto maestro · al mondo d'ogni ingiu– stizia e d'ogni mfandità, era giunto all'ul– timo stadio del decaòirfrento. Venuti a contatto colla nuova civiltà cri– stiana, i barbari feroci ed idolatri poco a poco si mansuefecero, si curvarono alla croce e ricevettero il battesimo, intanto che co– Btringevano gli antichi popoli, a cui s'erano misti, a rinnovazioni, a riforme e ad adatta– menti, d'onde uscirono poi più o meno pro– fondamente trasformati e composti in nuove nazioni, formando la stupenda unità del mondo ()ristiano medioevale. Per attenerci a ciò che riguarda l'Italia, e che avendo esercitato più immediata in– fluenza sulle regioni superiori di essa serve a lumeggiare questa succinta storia del nostro santuario, accenneremo di volo a tre princi– pali successive invasioni. Nel 476 gli Eruli, misti a · diverse altré genti germaniche, sce– sero dalle Alpi e, · sotto la guida del loro -capO. Odoacre, compirono la provvidenziale missione di por fine anche di nonie all'im– pero romano occidentale, già spento di fatto. Dopo aver oppresse le nostre contrade fino oal493, dovettero cederne la signoria ai Goti, oai quali, coll'intermezzo di un breve dominio dei Greci, sottentrarono nel 568 i Longo– bardi per due secoli, finchè l'Italia passò sotto Carlo Magno re dei Franchi. Ogni conquista ·si compiva tra saccheggi, stragi, incendi e ruine; il popolo conquista- tore poi, oltrechè colle prepotenze, pesava sul vinto col nuovo scompiglio e la confusione che portava nell'amministrazione della giu– stizia ed in ogni resto di ordinamento so– ciale, coi nuovi intoppi che poneva alla libertà dei cittadini per la diversità di carattere, di lingua, di costumi e di religione. Di Torino poco si conoscono i particolari avvenimenti e le speciali condizioni sotto gli Eruli ed i Goti; sotto i Longobardi fu sede di uno dei più importanti ducati in cui essi avevano divisa l'alta Italia. Certo è che la città nostra, nelle invasioni a cui abbiamo accennato, sofferse al pari e forse più delle altre città dell'Italia superiore. Essa vide più volte profanate le sue chiese, messe a, ruba ed arse le case, devastate le ubertose campagne dei s1,1oi dintorni, trucidati molti dei suoi abitanti. In questi disastri noi dobbiamo certo ri– conoscere, come abbiamo avvertito, la mano di Dio che guida i popoli secondo gli eterni decreti della sua provvidenza. Ma gli autori che scrissero del nostro santuario vogliono pure trovare una causa a molti di questi mali nel rallentarsi della moralità e dello spirito religioso nei torinesi, nell'illangui· dirsi della loro divozione e della riconoscenza verso Maria SS., sotto la cui materna pro– tezione avevano goduti lunghi anni di pace l, e di prosperità. A conferma di questa indu– zione basta ricordare che nel 452, quando Attila, il flagello di Dio, coi suoi terribili Unni stava minaccioso sul Ticino, ai torinesi smarriti ed affannati a preparare le difese S. Massimo propose l'esempio dei Niniviti, i quali colle preghiere e le penitenze avevano impetrato lo scampo. L'esempio fu allora imi– tato e Torino non fu toccata d,agli Unni. Però se nel periodo di cui parliamo la re– ligione, e con essa il culto di Maria SS., erano ben !ungi dal fiorire tra noi come ave– vano fatto ai tempi del santo vescovo e molti anni ancora dopo la sua morte, non erano tuttavia spenti. Specialmente nell'antico ora- l torio di S. Andrea, i migliori cittadini ancora continuavano a visitare devotamente la sacra effigie della Vergine e ad invocare la Con-
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