Missioni Consolata - Gennaio 1903

J1l 8ortsolata 11 ~ come quelle venerate a Crea e ad Oropa, ·sià.no state portitte fra noi da S. Eusebio, ·vescovo di Vercelli, al suo ritorno da Sci~ topoli in Palestina, dove era stato esiliato dall'imperatore Costanza, per l'energia e la splendida eloquenza con cui aveva combat– tuto gli eretici e difesa la dottrina cattolica nel concilio di Milano. Ma quale che fosse la provenienza della sacra effigie, è certo che i torinesi tosto ac– corsi in gran numero a venerarla, ebbero in breve ad esperimentare la bontà e la mise– ricordia di Ma.ria SS. Se a tanta distanza di secoli non ci pervenne alcuna relazione particolareggiata delle singole grazie fin d'al– lora da Lei ottenute, noi sappiamo però dalla tradizione che esse furono innumerevoli, e profuse specialmente a vantaggio degli in– fermi e dei derelitti. Sul labbro di quanti trovavano consolazione e ristoro nei più tristi accidenti della vita, tornò e fiorì spontaneo il titolo di Consolatrice degli affiitti, con cui S. Massimo aveva per il primo invocata qui .. la Vergine, esponendone la taumaturga im– magine nei momenti in cui il suo gran cuore sanguinava per i pericoli a cui vedeva esposto il -suo gregge. Un favore singolarissimo, che quale con· seguenza naturale dei tanti altri tutti li compì e .coronò, fu il grande incremento che fra il popolo torinese prese la fede cattolica, po– nendo ivi così salde radici che mai in ap– presso potè esserne divelta o rimossa. Distrutti gli avanzi dell'anticopaganesimo, purgata la città dall'eresia eutichiana, Torino godette un periodo di vera pace e prospe– rità, continuando i suoi cittadini ad attin– gere alla sorgente di grazie aperta nell'umile oratorio di S. Andrea, prezioso retaggio di S. Massimo, che, secondo affermano dotti sto– ,ricì, moriva verso il 470. Grazie recenti riferiti alla sacrutia dal Santuario Ql!ADRI VOTIVI PORTATI IN NOVEMBRE N. 39 . Torino.- Era la sera del13 febbraio 1877. Spirava un vento gagliardo. In un alloggio al N. 8 del corso Re Umberto, verso le 10, una fortissima spinta spalancò una finestra posta molto in alto dal pavimento della stanza, a cui dava luce dalla scala. In quell'alloggio abitava colla madre ed una sua sorella il giovane signor FELICE TROSSARELLO, il quale, volendo rinchiudere quella finestra, presa una scala da apparta– mento, vi salì fino alla cima. Chiuse le im– poste, si disponeva a batterne il paletto col martello per assicurarlo bene. Ma ecco che una nuova impetuosissima folata di vento le riapre violentemente, sbattendole in viso al povero giovane. Preso cosi all'improvviso, egli non ebbe nè tempo nè agio di aggrap– parsi a checchessia, o di potersi trattenere in equilibrio in alcun modo. Cadde all'in– dietro, battendo fortemente la nuca sul pa· vimento (Vedi incisione a pag. 12). La madre, presente alla scena, agghiacciò per lo spavento e non potè formulare se non col cuore una fervida, disperata invocazione alla Consolata..... Il caduto, come trasognato mormorò: Alii, la mia testa! ~ E poi più nulla. Messo a letto, dopo un breve periodo di delirio, fu preso da così grave sonnolenza, che non potè essere alleviata nemmeno da due salassi praticatigli. Quello stato di coma si prolungò per due settime intiere; anzi nella seconda si aggravò tanto che parve imminente, inevitabile la morte. Che giorni di profondo cordoglio fu– rono quelli per la mamma e la sorella! Di ·

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