Missioni Consolata - Novembre 1902
1a - eo.,solata 171 è quasi interamente consunto. Abbiamo pure in cura un indigeno col cranio spaccato da una sciabolata ed un altro feritosi con una freccia avvelenata. A quest'ultimo, per sal– varlo, fu amputata una gamba, ed ora tocca a noi fare che questa operazione, eseguita da un indigeno, non abbia conseguenze fatali . Tenteremo una gàmba di legno per farci onore. Molti poi sono coloro che vengono a chiedere medicine per il mal di capo e per le bronchiti. Questa nostra quasi ininterrotta comuni– nicazione cogli Akikuju ci è buona scuola per apprenderne il linguaggio, di cui cominciamo a pronunciare qualche parola, sollevando al– ternativamente grida d'ammirazione e risa senza fine. Si fanno un piacere di ripeterei le loro frasi; il guaio .sta nei verbi, nei so– stantivi astratti e nei pronomi. Ma collo studio e colla pazienza progrediremo anche in questo, . a allora sarà possibile parlare d'altro che di montoni e di patate. Il governo inglese ha ora stabilito che la .lingua ufficiale, dal mare fino all'Uganda, sia lo swahili ; è quindi necessario che ci ap– plichiamo ·contemporaneamente ai due lin– guaggi. Lunedì, 7 corrente, sulla sera, cantando e gridando, la nostra ·carovana fu di ritorno, guidata dal figlio di Karòli e custodita dai nostri wetterly, i quali, quando si deve at– traversare qualche parte del Massailand, sono assolutamente necessari. Ai Massai basta scor– gere un fucile per tenersi affatto.tranquilli. Se vedesse con che fierezza i nostri portano il fucile! Però ne hanno, nel tempo stesso, un misterioso timore, e mai non oserebbero toccare quelle parti che producono il pom. I portatori, 33 uomini e 47 donne, fecero cir– colo intorno a me, che stavo sulla mia sedia con in mano la lista dei nomi e rispettivi carichi, distribuiti loro dal P. Hémery. Innumerevole turba era accorsa. Io dicevo un nome, il capo lo ripeteva ad alta voce: il .chiamato veniva innanzi ed io, dopo un sommario esa~e al carico, gli davo la pattuita mercede: due rupie, dopo di che il carico veniva deposto davanti l. alle tende. La sfilata durò parecchio: tutto era in ordine, compresa una cassa di 48 ·kg. di gallette, la quale fu portata da una donna, come un peso qualunque, per quei certi sentieri della montagna! Le cose venute d'Italia erano, in generale, in ottimo stato. In questi giorni D. Gays ed io abbiamo continuato ad esplorare il paese all'intorno. In una di queste escursioni, saliti su d'una alta vetta in un momento in cui il cielo era sgombro affatto di nebbia (cosa rarissima in questa stagione) potemmo vedere quasi tutto il Kikùju dal Kenia, detto qui Kerenjaga, alla catena Aberdare, ai monti Mumòni e giù giù per il piano dell'Ukamba o Barrareta Galla. La vista era incantevole: ci pareva di con– templare gli enormi cavalloni di un mare dal verde colore in gran burrasca. In lontananza sfumavano le colline succed.entisi alle colline, in linee vaghissime di creste con rari alberi disegnati sullo sfondo del cielo. Ma ben presto dalle valli cominciò ad alzarsi una lieve bruma, formando bianche nuvole che posero fine al– l'i~canto di quella veduta. In queste varie esplorazioni il Kikùju ci apparve quale è stato ben rilevato dal Teleki, formato cioè da innumerevoli vallette, cor– renti generalmente da ovest ad est lateral– mente al Kenia. Ogni valletta è separata dalle contigue da due linee di colline, alte da 200 a 300 m. sul fondo della valle stessa. Il dorso delle colline è quasi sempre a cresta; su di essa corre un sentiero che unisce i di– versi villaggi e serve egualmente alle due valli laterali. I fianchi delle colline sono ac– cidentati in sommo grado. Il terreno vegetale, rossiccio e friabile, è assai profondo; l_a vegetazìone è perciò molto rigogliosa: vi s'incontra :flora europea e spe– cialmente alpina. Al basso delle valli il ter– reno è in gran parte coltivato a canna da zucchero, banani, patate; più in su ai tratti coltivati s'inframezzano spazi incolti. I villaggi, numerosissimi, quasi tutti orien– tati ad est, godono il primo sole; eEsi son tenuti assai puliti e, a differenza di quelli attorno a Nairobi, non sono cinti da palizzate. Sono composti di capanne rotonde, costruite con tronchi d'albero e coperte d'erba, in cia– scuna delle quali abita una donna con tutti
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