Missioni Consolata - Novembre 1902

170 1l1 eo.,so(ata questo momento, apprendiamo che il viaggio fu felicemente compiuto, e il risultato fu d'aver precisamente tro– vato, ed in parte tracciato, un nuovo e più comodo sentiero d'allacciamento ' colla ferrovia dell'Uganda. Ed ora ci sia permesso esprimere il vivo bisogno che sentiamo di rivolgere un nuovo e caldo appello ai nostri pii lettori: vogliano essi tutti unirsi a noi in fervorose ed assidue preghiere alla Consolata. I suoi missionari furono be– nissimo accolti sul campo delle . loro fatiche apostoliche, ed a loro hanno fin qui arriso gli eventi, le persone e le cose. Ma tutto ciò non è che il lavoro, per così dire, materiale di preparamento del terreno. Essi stanno per entrare quandochessia direttamente nel grande affare per cui si sono mossi, affron– tando pericoli e fatiche: la conversione degli indigeni. Hanno quindi urgente bisogno di grazie specialissime da Dio, di assistenza straordinaria dalla Conso– lata, affinchè il campo apostolico che furono chiamati a dissodare e seminare dia non solo fiori di soavità, ma renda frutti copiosi di vita eterna. VI. Soli! -Il mercato- llna misura alla mano - Il missionario medico-chirurgo - L'arrivo dei portatori da Naivasha - {heal è il sesso t'orte i' - Escursioni - Paura vo'nta dal ri– spetto!- l/n saluto che lascia traooie- Stru– menti agricoliprimitivi - Toetti cercano lavoro - La nostra situazione geogr.alìca - Nè calce ••è mattoni - Case di legno ? Missione della Consolata in Tusn 17 luglio 1902 Rev.mo ed arnat.mo sig. Retto1·e, Mercoledì, 2 corrente, oltre 500 indigeni, uo– mini e donne, eranoradunatidavanti alle nostre tende, sp!)rando ciascuno di essere scelto come portatore per andar a prendere il residuo dei cariçh{ da noi lasciati a N aivasha. Dal figlio di Karòli, principe ereditario, eletto capo della carovana ne facemmo scegliere 80, ed alle 8 lr2 Mons. Allgeyer: ed il P. Hémery partivano colla carovana, !asciandoci soli in mezzo ad un popolo che quasi ancor non conosciamo e col quale non sappia~o con– versare. Le ultime affezioni del cuore, gli ultimi vincoli che ci univano all' umanità ' ci vile si sono spezzati ; noi ci abbandoniamo alla custodia della Consolata: sapra ben Ella formarci presto una nuova famiglia di figliuoli e fratelli in Gesù Cristo! Questi cari indigeni però, da parte loro fanno davvero fin troppo per mettersi in relazione con noi : da mane a sera la nostra casa (composta per ora delle nostre tende) è un vero porto di mare. Uomini, donne e, fanciulli vengono in folla ad offrirei le der– rate di cui sanno che abbisogniamo, come patate, fagiuoli, miglio, legna spezzata, ed in cambio per lo più ricevono cotonate di cui facemmo.larga provvista a Zanzibar. La base di misura, detta mecomo, è la lunghezza del– l'avambraccio a partire dalla punta del gomito sino' all'estremità del dito medio. Nei dì pas– sati qualcuno domandava di acquistare co– tonate, sale, coperte, ecc.· con rupie, ma noi invariabilmente ripetevamo che non siamo commercianti, che non sappiamo che fare .delle rupie e che quelle cose non- le diamo se n~n in cambio dei generi che ci occorrono pel vitto ed in compenso di servizi che ci si prestano. E la lezione fu presto capita. Tutto il giorno era un assedio di gente con carichi di patate o cereali, tantochè abbiamo dovuto limitare il mercato ad una sola ora del mattino. Gli uomini, in generale, misurano il me– como preciso; le donne, invece, spesso cer– cano di avvantaggiarsi di qualche palmo. E non han poi tutti i torti, poverette, per– chè, piccole di statura, hanno il braccio più corto. Più d'un terzo delle nostre giornate è da noi speso nel fare i medici ed i chirurghi. Sono per lo più povere donne con larghe piaghe ai piedi ed alle gambe: talora il piede

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