Missioni Consolata - Ottobre 1902
]11 eo.,solata 161 selvaggia e m pittoresco contrasto con l'in– tensa coltivazione della valle attraversata dal treno. · Sono questi i monti della cosidetta Ver– silia, regione troppo poco conosciuta in con– fronto colle bellezze sorprendenti di cuì la forni la natura, nell'amenità dei colli come nell'asperità delle gole; che si attraversano con un fremito in cui la paura è vinta dal– l'ammirazione. Basterebbe a questi luoghi essere più noti per attirare i touristi ed i villeggianti. I monti della Versilia erano nel medioevo il baluardo dei Pisani contro i Massesi ed i Lucchesi; le truppe pisane vi avevano preso stanz~, fondandovi poco a poco villaggi e for– tilizi, di cui anche oggidi rimangono vestigia. Nella parte più alta della Versilia, sopra Pietrasanta e Serravezza, sta il paese di Stazzema, nome derivato da statio jemalis (stazionfl invernale), dallç svernarvi che fa– cevano in antico i militi. In questo comune montàno si riscontrano, non solo i segni delle difese e del valore che i Pisani spiegavano contro i loro nemici nelle continue guerric– ciuole di quei tempi, ma altresì i segni della loro antica pietà. La chiesa prepositurale di Stazzema è stata dichiarata monumento nazionale per la correttezza delle vetuste sue linee archi-. tettoniche, per il pregio delle ·colonne mar– moree, per i capolavori del Cividali e pei classici dipi~ti antichi che l'adornano. I ca– pitelli e le finestre rivelano un'età anteriore al millesimo. Questa chiesa si erge sulla sommità di un precipizio di circa 300 m. d'altezza, nè e sola in simile ubicazione. Su altro cont~af forte successivo elevasi un santuario dedi– cato alla Madonna sotto il titolo di Mater pulchrae dilectionis (Madre del Bell'Amore). È un santuario al quale in maggio ed in set– tembre fan capo numerosi pellegrinaggi da quasi tutte le parrocchie della Versilia e talora anche dal Massese, dal Pisano e dal– l'antica Lucchesia. In questo santuario, detto volgarmente del Piastrajo, a fianco del quadro della Ma- donna del Bell'Amore, si trova quello della Consolata di Torino, quadro che oltre al de– voto suo pregio essenziale, un altro ne acquistò specialissimo dal primo suo possessore e dalle circostanze storiche per cui è passato. Per i moti rivoluzionari del 1862 il car– dinale Cosimo Corsi, arcivescovo di Pisa, .venne esule a Torino e, come altri illustri e santi prelati, trovò nella casa dei Preti della Missione la larga e cordiale ospitalità del cuore. N elle pene amarissime che, non il proprio danno, ma quello della sua diocesi insigne e della Chiesa di Gesù Cristo gli cagionava, il pio profugo trovò un celeste conforto ai piedi di Maria Consolatrice. Nè pago di recarsi spessO' al santuario di Lei, se ne procurò l'immagine in grandi dimen– sioni e davanti ad essa, collocata in faccia al proprio genuflessorio nella modesta camera in cui dormiva, passava lunghe ore pre– gando e meditando. Quali tesori di fortezza e di grazia il car– dinale Corsi trovasse in quelle ore, ben mo– strò dappoi coll'affettuosa venerazione in cui · tenne sempre quell'immagine, che eragli stata scala a levarsi alla divina Consolatrice. Rim– patriando la portò 13eco a Pisa, d'onde, quale ~ segno della continua sua devozione e ricono- 1 • scenza a Maria SS. sotto il titolo della Con– solata, mandò una prezios.a pianeta al san· tuario di Torino. Dopo la morte di lui, l'immagine passò nelle mani di M. Codibò, il quale pure la ebbe carissima, anche .quale pegno e ricordo della pietà dell'illustre esule. Ma il degno preposto di Stazzema, il rev.do D. .Giuseppe Silicani, che dal card. Corsi era stato onorato di specialissimo affetto, desiderava avere un oggetto a lui appartenuto, da conservare quale preziosa memoria. M. Codibò scelse per lui il quadro tanto prediletto dal pio arci– vescovo. Passato cosi in proprietà del preposto di Stazzema, questi con delicato sentire, anzichè limitarsi al privato godimento di si prezioso l dono, espose il quadro nel santuario del Pia– strajo, a:ffinchè i suoi parrocchiani e tutti i pellegrini della Versilia potessero infiammarsi .
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