Missioni Consolata - Maggio 1902

' 70 J.!l eo.,solat"a QQ~----~~--~~~~~~--~-.--~,~Qm~~~c-~~~~~- ~~~~----~00 e di misericordia per tutti. Un lume venutogli dall'alto gli addita il da farsi; una forza so– vrumana lo eccita, lo sospinge al giusto mo– mento; lo guida, lo sostiene ferito, sangui– nante, fino al termine dell'ardua sua missione: La parabola del flagello è troncata; è doma la forza brutale racchiusa in miliardi di gra– nellini mortiferi: Torino respira, è salva dal– l'immane rovina. Che il disastro della polveriera sia stato da fortunatissime circostanze impedito di prendere proporzioni maggiori e ben più fa– tali delle assunte, è cosa che risulta da tutti i documenti ufficiali del momento. Lo affer– mano il rapporto del Corpo degli Artiglieri; la relazione del Ministro della guerra al Re, i manifesti pubblicati dal Sindaco di Torino e dal èomandante la Guardia Nàzionale. E quale prova più perentoria che il Te Deum, ordinato con mente conco~de dalla Curia Ar– civescovile e dal Municipio di Torino? Se pure fra i ·danni non lievi delle rovine in– sanguinate da ventisei vittime si trovava incontrastato motivo di levare al Cielo l'inno di ringraziamento, ciò vuol dire che l'univer– sale consenso faceva stimare.mille volte più orribili dei mali subiti, quelli da cui la città era·stata preservata. Ma da ehi prese~vata? L'abbiamo detto e lo ripetiamo: da Colei che la pia sapienza dei nostri padri aveva da secoli costituita Custode e Patrona di Torino; da Colei che un'altra volta si manifestava sempre la stessa Madre pietosa, la stessa potente- Regina. E questa verità, quasi istintivamente dai tori- · nesi proclamata appena s'annunziò felice– mente domato l'incendio della polveriera e rimosso ogni ulteriore pericolo, ancor più chiara rispléndette alle menti quand'esse, snebbiate dal terrore, conobbero in ogni lor parte mille fatti stupendi. Chi era questo Paolo Filippo Sacchi, colui che tutti levavano a cielo come un degno emulo di Pietro Micca; che Autorità, com– militoni e quanti erano stati testimoni del– l'eroica di lui condotta alla polveriera pro– clamavano il salvatore di Torino? Si trovò ch'egli era, per cosi dire, una creatura della Consolata. Frequentatore assiduo del San– tuario, da Lei egli soleva quotidianamente invocare l'aiuto per ben compiere il suo do– vere di cittadino e di soldato, la protezione nei diuturni pericoli a cui l'esponeva il suo impiego. Uscito appena dal grande magaz– zino, a · quanti ammirati lo felicitavano il Sacchi rispondeva: Io non ho fatto che il mio . dovere, ispirato ed aiutato dalla Consolata. E quest'affermazione, schietta e forte come l'animo da cui veniva, ebbe una doppia _!!an· zione dalla duplice prova a cui il bravo ser– gente polverista · fu esposto. Il Sacchi, un povero e rozzo contadino, ebbe tutti gli onori èhe si sogliano tributare agli uomini gra.ndi ed agli eroi; eppure non un solo momento di orgoglio lo portò ad attribuire a se stesso altro merito, da quello all'infum·i di essere stato lo strumento di Maria SS. per la sal– vezza di Torino. Dopo gli osaniw ·vennero per lui i crucifige. Nel Piemonte, divénuto il centro della rivoluzione, spadroneggiavano ·in quel tempo le sette più che mai invipe– rite contro la religione. Ai caporioni di esse non poteva. andar a sangue il bigottismo del prode artigliere, ~d eccoli affaccendati a smi– nuire l'importanza e la portata del suo atto, abbreviando a piacere il tempo in cui egli solo, non per mancanza di valore e di abne– gazione in altri, ma per la forza dellè cir– costanze, aveva dovuto lottare contro il fuoco invadente nel grande magazzino dellè pol– veri; eccoli a congiurare mediante sapienti silenzi ·,· mediante volute confusioni contro colui che si diceva l'inviato della Madonna; eccoli infine scendere contro di lui agli scherni ed agli insulti. Ma nulla meglio vale a far risplendere una verità quanto i furori im· potenti degli empi per abbatterla. n Sacchi oppose al fuoco volterriano lo stesso forte petto da lui opposto alla vampa omicida delle polveri, e per tutta la restante sua vita con– tinuò a dichiarare intrepidamente: Salvatrice di .Torino fu la Consolata. Alla confessione dell'uomo s' aggiungeva, non meno splendida .ed esplicita, quella delle cose. Quelli del quadro rimasto gloriosamente incolume nel vestibolo del Cottolengo e della

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