Missioni Consolata - Aprile 1902
62 la ·- (2o11solata di 'prestar servizio d' onore alla diletta sua M-adonna. Paolo Filippo Sacchi morì il 21 maggio 1884, in età di 77 anni. La sua morte riscossè al– quanto gli animi; i giornali, calmate le antiche ire, ne rievocarono la bella figura; il Muni– cipio di Torino disdisse il più che modesto funerale ordinato dalla vedova (che vive tut· tora), ed altro ne fece apprestare più adatto e decoroso, a cui,prese parte una larga rap– presentanza del Consiglio ComWJ.ale, dell'eser– cito e di ogni ceto di cittadini. Sulla bara spic– cava la preziosa corona d'argento e d'oro che la Guardia Nazionale aveva voluto posare sul capo del Sacchi nell' ora del suo trionfo. Ma ben più degna corona avrà certo apprestata in Cielo la Vergine Consolatrice al servo fe– dele, che aveva!a ·amata d'amore così forte e costante per tutta la vita, conressandola in mezzo ai più aspri cimenti ed in Lei sola glo- · riandosi sempre. Tra i diversi ricordi al Sacchi fra noi, ci piace riportare la seguente epigrafe scritta sotto il quadrante- dell'orologio al Campo di S. Maurizio: Filippo SacChi un dì vidi al cimento E reverente all'atto eroico stetti. O voi, Che Chiamo a temprare core e memb·ra De' fieri ludi misurando l'ore, Il ricordo di lui·vi sia sprone Ad opre ognor gagliarde e generose. Benissimo: non si potrebbe ai giovani mi– liti proporre più degno esempio. Sarebbe sol– tanto a desiderare un accenno alla religiosità del Sacchi, la forza vera e potente che nel sem– plice contadino levò a tanta altezza il yalore e la carità di patria. ~========·======= La R. Fahhrioa delle polveri in Borgo SB'ora La polveriéra del Borgo Dora s'impiantò su modestissimi principi nel 1588, dando seguito ad un'iniziativa .presa negli ultimi suoi anni dal glorioso duca di Savoia Emanuele Filiberto, desideroso di emancipare lo stato dal forte tri– buto che pagava all'estero per la fornitura delle polveri. Lo stabilimento s'ingrandì nel 1594 e più nel secolo seguente, crescendo man mano in importanza. Fino al1756 esso veniva concesso in appalto; in quell'anno il governo del re Carlo Emanuele III decise di fabbricare le pol– veri per proprio conto. Nall'anno seguente perciò acquistò gli edifici della polveriera e quelli di un'attigua conceria, il cui insieme costituì la Regia fabbrica delle polvm·i. Notabilmente attivata nel 1769, essa andò prendendo sempre nuovo incremento ; special– mente negli anni che seguirono il fausto ritorno dei Reali di Savoia nei loro dominii, vi si ap- portarono tuttè le innovazioni e tutti gli am– pliamenti richiesti dai progressi delle scienze chimiche e meccaniche e dai crescenti bisogni dello stato. All'epoca dello scoppio di cui parlammo, lo stabilimento occupava un'area lunga 300 metri da settentrione a mezzogiorno e larga 170 da levante a ponente, attraversata nel suo asse maggiore dal canale detto di Valdocco. Sulle due sponde di questo,_ ricavandone la forza motrice, si allineavano gli opifici: peste, mulini , granitoi, frulloni stacciatori e lisciatori delle polveri, per la lunghezza di metri 140 sulla sponda sinistra e di 60 sulla destra. A 10 metri di distanza da questa ultima linea di e'difizi e da essi diviso con un muro alto 5' metri, era lo sténdaggio colla superficie di 80 metri in lunghezza e 24 in larghezza, superficie spesso coperta in intero dalla pol– vere esposta ad _essicare all'aria libera sopra apposite coperte sovrapposte a tavolati. In prossimità dello stendaggio erano tre de– positi o magazzini per la custodia delle pol– veri da essicare o già pronte all'uso. Qua e· là, su 'ben condotto disegno, s'innalzavano poi i fabbricati della raffineria, i depositi per le ma– terie prime, le sale delle composizioni e me– scolanze, le officine dei fabbri-ferrai, i labo– ratori dei falegnami, dei barilai, le tettoie per legna eq altre provviste. Un solido muro cin- geva ed isolava lo stabilimento. · La direzione della fabbrica era affidata ad ufficiali superiori d'artiglieria, sotto i cui or– dini una com]>agnia di artiglieri-polverist i so– praintendeva ai vari lavori e guidava gli operai. Fin dal primo impianto 'della polyeriera, eretta su terreno appartenente alla città di To· rino, l'Amministrazione comunale aveva fatto rispettosamente osservare ai sovrani i pericoli di tale stabilimento, posto in vicinanza del– l'abitato ; e nei secoli seguenti le rimostranza vennero più volte.rinnovate con maggior forza. Infatti, se 'da principio il pericolo era minimo per l'esiguità della fabbrica delle polveri e per il picciol numero di abitanti che contavano i due sobborghi più prossimì di Porta Pusteria e di Porta· Doranea (ora ,del Pallone), il peri– colo stesso andò man mano cr escendo, col mol– tiplicarsi in quei pressi delle case e coll'ad– densarsi della popolazione. Nel 1780, quando si fabbricò la chiesa par- I rocchiale del Borgo Dora; questo già contava · 1600 abitanti, i quali erano divenuti 2450 nel 1819, 10116 nel 1836; e giunti a 10690 nel1848 · avevano poi negli anni seguenti ancor oltre- t passata tal cifra. Già per l'addietro alcuni scoppi, per fortuna assai limitati, erano venuti a dimostrare la ragionevolezza dei timori e ad appoggiare le sollecitazioni di trasportare più lontano dl}.lla città la pericolosa fabbrica: il primo avvenne l sotto il governo francese ne-11808, in esso re– stò morto un operaio ed un altro gravemente ferito. Un mu}ino a polvere scoppiò il1° ago– - sto 1831, verso le 11 3[4 del mattino - l'ora
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