Missioni Consolata - Marzo 1902

u. e o~ so-t è1 t è1 c:-.=~z;;;;;;;;~'~'""""'"==~;.,. - aver posto in ordine _la sua coscienza, egli domandò di essere ad ogni modo operato. Il valentissimo chirurgo primario a cui toccava quel compito gli domandò: - Ma credi tu· forse che la nostra scienza possa ri– suscitare un morto? - Nossignore. Ma siccome io morrei egual– mente senza operazione, così son contento di affrontarla, anche a rischio di soccombervi. - Quand'è così tenteremo - rispose il professore, commosso ed ammirato di quel sangue freddo - la Provvidenza di Dio è grande e potrebbe esserci anche per te... Messo sul tavolo della sala d'operazione, legatovi perchè non potesse fare alcun dan– noso movimento e cloroformizzato, il Serafìni per ben due ore fu oggetto del delicatissimo e difficile lavoro del chirurgo ed interessante soggetto di lezione agli studenti. - Quando mi svegliai - racconta il po– vero paziente - ero in uno spossamento estremo, eppure mi sentivo confortato- paren– domi di avere dinnanzi agli occhi la Conso– lata, tale qual era dipinta in un'immagine che io era solito venerare. Era questa certamente un'illusione che si produceva sotto l'azione .del cloroformio, ma si sa che i sogni, ad occhi chiusi od aperti, pigliano il colore dei nostri pensieri, dei fan– tasmi abituali alla nostra mente. Però sic– come non era solta:r:to una pia illusione l'af– fetto figliale del Serafini per la Consolata ; siccome in Lei fidando aveva affrontato il terribile passo, così vero e reale era stato e fu l'aiuto della Madre delle consolazioni. Con grata meraviglia del valente operatore e dei suoi assistenti ed allievi, l'operato non ebbe nemmeno un grado di febbre ·; non un colpo di tosse venne a porre a repentaglio la fresca ricucitura dei vasi, nessuna infezione o complicazione guastò l'esito finale dell'ope– razione stupendamente riuscita. Il ventricolo, liberato dal terribile cancro, riprese a poco a poco le -sue funzioni ; colla nutrizione r!di– venuta normale, tutto l'organismo si rie.bbe come,l'albero in cui.la primavera fa circolare nuovi succhi .vitali. Il primo giorno in cui il Serafini si alzg dal letto fu il 19 marzo, sacro a S. Giuseppe. In riconoscenza a perpetua memoria di essa, il graziato portò al nostro Santuario un qua– dro votivo. - Il suo caso fu oggetto di un dotto articolo sul Bollettino Sanitario di P avia. Torino. --, Il 23 Dicembre 1899 due ·so– relle, certe VILLA, da Santena: vennero a Torino per passare le feste natalizie in casa di un'altra loro sorella qui maritata. Salutati affettuosamente i parenti, le fo– restiere vollero recarsi subito al santuario della Consolata, come a rendere omaggio alla Signora della nostra città ed a pren– dere da Lei auspici di una felice perma– nenza. Era un sabato, il giorno in cui il santuario ha un' animazione, un via vai che anch'esso invita alla preghiera. E le Villa pregarono a lungo ; sentirono ·divotamente la Messa, poi la più giovane di esse pa~sò in sacrestia dove tece un'.offerta per gli ampliamenti del Santuario, dicendo che era per 1·icevere gmzie dalla Vergine SS-., ma che non sapeva ella stessa di quali avesse . più bisogno in quei giorni. Ben lo sapeva · però Colei che; ad imitazione del Divino suo Figliuolo, nulla lascia senza ricompensa di quanto si fa ad onor suo. Passata lietamente la giornata colla sorella e la famiglia di lei, quando giunse l'ora di andare a letto le Villa furono dalla maggiore delle loro nipotine accompagnate alla camera per loro preparata. La fanciulla accese ivi la lampada a gaz,·diede uno sguardo ad as: sicurarsi che tutto fosse in ordine; quindi, . augurata alle zie una buona notte, si ritirò. Alle Santenesi, non abituate al gaz, parve che la lampada mandasse troppa luce, tenta– rono quindi di moderarne alquanto là fiamma, ma questa si spense totalmep.te . Credendo che la chiavetta fosse affatto chiusa, esse. si coricarono tranquille e s' addormentarono ben presto per ia stanchezza .della faticosa giornata. Il seguente mattino si svegliarono entrambe prima dell'Ave Maria.- Che orribile mal di capo! - esclama l'una. - Anch'io - ri– sponde l'altra - non ne posso più; la mia testa mi pesa come fosse di piombo; hò una

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