Missioni Consolata - Marzo 1902
1ll eo~solata 43 randosi per il suo malatino come meglio le suggeriva l'amor materno e continuò a pre– gare, pregare..... Il bambino rimase stazionario per qualche tempo; poi incominciò ad aver vomiti, in cui emetteva materia· purulenta. Era· un sintomo buono o cattivo? La mamma, fissa sempre di ottenere !a grazia, ne trasse buon augurio, come di mezzo valevole a sbaraz– zare il piccolo paziente dalla materia infet– tante. I vomiti si ripeterono ad intervalli e finalmente un'ultima ·volta con straordi– naria violenza. Quella fu la crisi decisiva; la Madonna scusando ciò che v'era di meno illuminato nella condotta della povera madre, ne aveva evidentemente premiata la schietta fede, della tempra di quella che trasporta le montagne. Giuseppino Vecchi prese da quel punto a migliorare poco a poco; compi ottimamente una sempre progressiva convalescenza e riacquistò così bene la salute, che potè es– sere regolarmente iscritto ~lla scuola e fre– quentarla poi assiduamente. Una signora vicina dei Vecchi, essendosi recata da quel dottore che era stato chia– mato a consulto pel bimbo, fu da esso inter– rogata riguardo alle condizioni di lui. Udito che oramai stava perfettamente bene, disse: -Non so comprendere..... Sa che è, come si dice volgarmente, un vero fenomeno! -Anche un altro sanitario che più tardi ebbe a curare il ragazzo preso da scarlattina, udito il mi– nuto racconto della grave malattia antece– dente e del modo con cui s'era risolta di– chiarò che si trattava d'un caso rarissimo. Si chiami fenomen~ o caso rarissimo a pia– cimento : il fatto si è che la guarigione di Giuseppino Vecchi fu piena e stabile e che .anche ora, a gloria di Maria SS. Consola– trice, gode buona salute. Olevano. (Lomellina) - SERAFINI CLE· M:Ji:NTE, benchè non piemontese, ha una spe– ciale divozione alla Consolata. La ereditò dal padre suo, il quale da militare fu di guar– nigione a Torino, e tornando al suo paese vi portò seco un caro ricordo delle visite da lui fatte al nostro santuario e la profonda im· pressione ricevuta dal racconto delle mera– vigliose grazie eh~ la Vergine vi dispensa. Ogni germe di pietà religiosa è una solida pietra gettata nelle fondamenta di una fa– miglia, un granellino fecondo nascosto, come in buon terreno, nel cuore della prole. Quando il vento dell'avversità scuote la dimora; quando l'aridità cocente della desolazione dissecca ogni conforto all'intorno, felici i figli– uoli che per la Ranta previdenza dei genitori, trovano un punto d'appoggio alla loro fede, un germe fecondo, cheravvivi laloro speranza ! Ben lo provò il Serafini. Sul fiorire della sua virilità, a 35 anni, gli si formò un ascesso al ventricolo. Sia che il male non si fosse ben conosciuto o che ne venisse trascurata la cura, il fatto è che l'ascesso, imputriditosi, si volse in cancro divoratore delle delicatissime parti a cui aderiva. Il povero uomo, da Olevano si recò all'ospedale di S. Matteo in Pavia, chiedendo di esservi operato. Era ridotto in istato compassionevole, ad una ombra livida e scarna e, come egli stesso si esprime nella sua relazione, declinava a vista d'occhio, si– mile ad un albero nel tardo autunno, il quale perde di giorno in giorno e d'ora in ora le ultime foglie ingiallite. I sanitari dell'ospedale esaminatolo scru– polosamente lo dichiararono inguaribile. Il suo male era troppo avanzato e troppo pro- . blematico l'esito dell'atto operativo, per l'a· sportazione del cancro. Dato che, il paziente non restasse sotto i ferri, dovendosi tagliare arterie e vene danneggiate e situate cosi presso al cuore, quand'esse fossero a pena ricucite, sarebbe bastato un colpo di tosse dell'operato, per produrre un'emorragia in– terna e con essa la morte. Eppure senza l'operazione non rimaneva la menoma probabilità di salvezza; il malato avrebbe dovuto soccombere immancabilmente tra poco, fra orribili tormenti. Il Serafini era stato soldato; il coraggio e la risoluzione che non gli mancavano, erano avvalorati ora dalla divozione alla Conso– lata, della quale gli pareva di sentire sensi– bilmente la protezione in un forte impulso a sperare contro ogni umana speranza. Dopo
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