Missioni Consolata - Aprile 1901

111 eo.,solata 59 volsi a caso gli occhi su d'un tavolino e vi scorsi un piatto, contenente circa due etto– grammi di polvere da schioppo, stata colà deposta il giorno prima e poi dimenticata. « Quella vista m'impensierì e mi fece riflet– tere al pericolo di lasciare così esposta quella materia micidiale. - E se Fiorenzo (il mio fratellino .minore) tratto da curiosità si av– vicinasse e, nella giovanile sua inesperienza, se ne facesse trastullo? Suvvia, togliamo di qua q~esta polvere: non dormirei tranquillo se non la mettessi al sicuro. -- Chiamai 1 Fiorenzò che mi portasse la fiaschetta da . \ polv~re e mi posi tosto a riempirla con pre· cal\zione. Tutto i_ntento al delicato lavoro, non :mi accorsi che il mio fratellino faceva inta:iito quello appunto che io volevo impe– dire.' Colla spensieratezza dell'età sua, Fio– renzo prende dal piatto un pizzico di polvere, la i~volge e chiude in uu pezzo di carta, poi l'avvicina al lume ed... - oh mio Dio, che stretta al cuore provo al solo. pensarvi! - 1fn razzb sprizzato all'improvviso dallo scoppio del minuscolo involucro, comunica il fuoco alla ~esta.q.te polvere del piatto, a quella della fiaschetta che tenevo tra mano. o o e un lampo sinis.tro m'involge tutto, mentre una detona– ziòne, si fa udire per l'intero vicinato. Caddi a terra privo di ·sensi... « Quando tornai in me, mi trovai disteso · nel mio letto, in preda ad orribili sofferenze. Mi stava a lato la mamma, quella mamma che ci è sempre cara compagna nella! gioia e presso ' al letto del dolore : - O Maria Consolatrice! - dissi più col cu~re che colle labbra, nel colmo dei miei atroci spasimi - O Maria, se tu non m'aiuti, io son per· duto! Presto, soccorrimi, o Madre ~àrissima! · «Mi trovavo in uno stato veramente mi– serando: le dita, la palm~ ed il dorso della mano sinistra, fino alla metà dell'avambrac- · eio, scarnificati dai frantumi della fiaschetta, il petto grondante sangue e scorticato fino sotto il mento; la mano destra e la faccia, t]ltte scottate di scottature dì p1·imo g1'ado, come ebbe poi · a dichiarare il medico. Gli occhi soltanto, certo per prodigio di Maria, erano · affatto illesi. Un'ardentissima, febbre che m1 bruciava il cervello, si univa agli acutissimi dolori delle ferite e delle scotta– ture per darmi una indescrivibile agitazione. · «Dopo quattro ore di crudelissimi spasimi,· grazie alle assidue cure della mamma e di altre persone accorse, mi si calmò alquanto quel bruciore ·d'inferno. Ne approfittai per invitare gli astanti a ringraziare la Vergine Santissima ?he mi avesse scampato da morte, ed a pregarla che continuasse a darmi forza per sopportare il _male. Intanto l'abbatti~ mento, reazione naturale dopo quella straor– dinaria tensione nervosa, s' impossess~va di me, gettandomi ·nel sonno, ~ piuttosto nel deliquio e procurandomi un po' di tregua: e ~i riposo. · ( « Fattosi giorno venne il dottore. Tolse ~e bende dalle mie ferite, ed esaminatomi dili– gentemente, si fe' .serio in volto e mormo1:ò fra sè: - Il caso è g~ave ... - Ma voltosi poi a me: - Coraggio, mi disse, coraggio ! Sta di buon animo, non !asciarti prendete . dalla tristezza: essa aggraverebbe il tuo mai~. « )fa come star di buon animo, se il 'mio o stato per tre giorni di seguito s'andò sempre aggravando? Fui invece assalito da profonda melanconia, da tale scoraggiamento, che du· bitai perfino della mia guarigione. Ma ~eco un raggio di luce e di speranza brillare alla mia mente: il pensiei·o della Consola t~, di quella Madre carissima, alle cui mani già mi ero abbandonato. Forse che Lei, testimone al fatto miserando, non doveva pur pensare alla mia guarigione? La mia fiducia si ria– nimò, aprendomi la via a nuove speranze. « Infatti d'allora in poi il dottore, nelle frequenti sue visite, ebbe a notare rapidis– simi miglioramenti, dei quali non sapeva addurre la causa. Ma io ben la conoscevo questa causa, ben sapevo che un Medico in· finitamente più potente di lui, si prendeva cura della mia salute... « Il giorno 8 agosto, entrato in convale– scenza, potei rivedere la verdeggiante cam– pagna e gustare la dolcezza di quella lihertà che sorride al prigioniero, sciolto finalmente dalle sue catene. Nel settembre la mia gua– rigione era compiuta in modo perfetto.

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